Esperienze Aziendali

Lunedì 10 Aprile 2023

Il filo di Paglia: produzione biologica da oltre un decennio

Tecniche agricole poco invasive e recupero di oliveti vocati, così l’azienda umbra si impegna a condurre una produzione sostenibile.

di Isabella Lanaro

Scheda tecnica

Dal 2011 a Castiglione del Lago, in provincia di Perugia, la società agricola Il Filo di Paglia si dedica alla produzione di un olio di qualità, utilizzando tecniche di produzione non invasive. L’azienda è biologica fin dalle sue origini e si impegna nel recupero di olivi abbandonati.

Marta Forconi ci racconta la storia dell’azienda, condivisa con Michael Ricci, suo compagno e socio. 

L’obiettivo del nostro progetto è stato fin dall’inizio quello della tutela del paesaggio e dell'adozione di tecniche agricole il meno invasive possibili. Siamo partiti come gruppo di amici, il cui sogno era quello di creare un'azienda agricola che ponesse al centro la tutela della natura, perciò fin da subito abbiamo aderito alla certificazione biologica. Abbiamo preso in affitto un vecchio casale per poi ristrutturarlo e aprirlo ai turisti. Sono stati anni bellissimi dove abbiamo sperimentato tanto, è stato un viaggio che ci ha fatto crescere molto. 

A scegliere di far diventare questo progetto la nostra passione principale siamo stati noi due: abbiamo iniziato a produrre olio da oliveti in stato di abbandono, chiedendo ai proprietari di concederci in affitto le loro terre. Oggi gestiamo circa 11 ettari tra oliveti e seminativi con dedizione

Gli elementi che ci caratterizzano sono sicuramente la dedizione, la perseveranza ed il fatto che gran parte del nostro lavoro viene svolto a mano (raccolta, potatura, imbottigliamento). La tutela della natura è ancora il nostro obiettivo principale, per questo non utilizziamo niente che possa alterare il delicato ecosistema dell'oliveto; soprattutto in questo momento in cui i cambiamenti climatici si fanno sentire e alterare anche di poco il delicato equilibrio delle piante comporterebbe conseguenze ancora peggiori. 
Il recupero di oliveti vocati, in zone bellissime ma completamente abbandonate, significa molto per il paesaggio olivicolo del lago Trasimeno. Produrre olio è costoso ed il mancato ricambio generazionale nelle campagne comporta l'abbandono e perciò la perdita della bellezza di certi luoghi. 

Quanto è difficile ancora oggi far comprendere all’utenza le caratteristiche dell’olio Evo? 

È complicato far capire ai clienti che un olio di qualità fa la differenza da ogni punto di vista (salutistico, nutrizionale e di gusto). Si è abituati al c.d “olio del nonno” che magari raccoglieva le olive troppo mature per alzare la resa e che dopo averle raccolte le lasciava ammassate qualche giorno. Trovare chi apprezzi l'amaro ed il piccante in un olio, caratteristiche organolettiche che sono diretta conseguenza di una produzione corretta, non è così facile. Per fortuna le cose stanno cambiando. Vedo sempre più ristoratori inserire la carta degli oli nel loro locale, promuovendo la cultura dell'extravergine. Nel panorama produttivo poi ci sono tanti giovani agricoltori preparati che stanno puntando tutto sulla qualità, che è il vero punto forza dell'olivicoltura italiana. 

Come si concilia la produzione di qualità con i trend crescenti dei costi energetici e logistici?

Produrre olio extravergine di oliva di qualità è comunque costoso di per sé; quest'anno dobbiamo fronteggiare anche l'aumento dei costi di packaging e del frantoio. Aziende piccole come la nostra sono chiamate a una grande sfida; che però possiamo e vogliamo affrontare nel modo più coraggioso, con la speranza che sarà solo una parentesi.