A Pinerolo, in zona pedemontana a sud ovest di Torino, nel comprensorio di Monte Uliveto, ha trovato la sua dimora l’Azienda Agricola Santa Caterina, con un’estensione di 3 ettari e 2000 piante.
Giovanni Maria Bocchino, titolare di Santa Caterina insieme ai fratelli, ha condiviso con noi gli aspetti identitari più interessanti della sua azienda.
“La nostra è un’azienda a conduzione familiare completamente nuova e giovane, elemento che abbiamo voluto valorizzare al massimo creando una struttura efficiente, tecnologica e al passo con i tempi.
Santa Caterina è stata studiata e costruita affinché potesse essere gestita da un’unica persona fino ad un dimensionamento di 7-8 ettari ed è stato inserito un impianto di sub-irrigazione, a 50 cm sotto ognuna delle 2000 piante, con un controllo remoto
che consente di fornire acqua direttamente alle radici. Questo ci permette un elevato risparmio idrico nell’irrigazione: su una pianta adulta diamo all’incirca 15 litri di acqua a settimana.
Il nostro obiettivo è quello di arrivare ad avere in futuro un’azienda a credito energetico. Non parlo soltanto dell’installazione di un impianto fotovoltaico, che resta uno dei principali obiettivi a breve termine, ma mi riferisco anche alla scelta
di non essere certificati biologici. Ho studiato attentamente i regolamenti ed i propositi della disciplina biologica e ho preferito certificare Santa Caterina con il protocollo SQNPI.
Noi facciamo bene il nostro lavoro e, se dovesse esserci un problema, lo affrontiamo con le cure e con i prodotti adeguati, anche chimici se necessario; l’importante è che siano nelle giuste quantità. Annualmente conduciamo dei test sulle olive, sull’olio
e sul terreno che ci confermano che il nostro prodotto è molto al di sotto di qualunque soglia di allerta.
Inoltre, prestiamo molta attenzione al packaging: produciamo una confezione da 250 ml creata interamente dagli scarti di frantoio. La bottiglia non presenta la classica etichetta ma una serigrafia con una dicitura in braille che rimanda al nostro sito
internet aziendale. Il lotto legale, il numero seriale personale e le informazioni del mappale catastale vengono inserite in un’etichetta che è attaccata al collo della bottiglia.
Abbiamo scelto questo tipo di packaging in quanto, nella ristorazione, raramente si vede la confezione di olio presentata a tavola, perché, una volta aperta, la bottiglia e l’etichetta si sporcano e non si possono più pulire; la nostra bottiglia avendo
un’etichetta estraibile e una serigrafia, non ha questo problema: questo per noi significa curare i dettagli”.
Avete altri progetti per il futuro?
“Intendiamo crescere sul fronte dell’accoglienza. L’oleoturismo non è solo una forma di reddito, ma anche e soprattutto un modo per permettere all’olio piemontese di essere conosciuto e valorizzato. Per questo motivo abbiamo investito sulla costruzione
di un centro aziendale che fosse visivamente attraente: abbiamo realizzato un edificio semi-ipogeo con un frontale in vetro e legno e le pareti laterali in pietra di scavo.
Al momento offriamo l’esperienza di visita dell’oliveto, attività inusuale in Piemonte, ma l’obiettivo è quello di sviluppare nuovi aspetti per far crescere l’interesse da parte del visitatore. Per esempio, stiamo lavorando con una rinomata pasticceria
della zona per creare dei cioccolatini all’olio.
In futuro intenderemmo anche affrontare i mercati esteri, anche se al momento l’età e la dimensione aziendale non ce lo permettono; considerato però che facciamo parte di un bacino, quello mediterraneo, di grande interesse per l’olio, e che all’estero
c’è una cultura relativa all’olio Evo più approfondita che in Italia, vorremmo che l’export in futuro diventasse il nostro target principale”.