Donato Taurino è titolare dell’
Azienda Agricola Taurino, situata nella provincia di Lecce, grazie ai suoi 170 ettari di uliveti rappresenta un’importante realtà del Salento.
L’azienda a conduzione famigliare per decenni si è occupata solo della coltivazione di olive fino al momento in cui, vent’anni fa, la seconda generazione rappresentata da Donato e da Rosaria ha deciso fa di fare il salto di qualità con la realizzazione del frantoio all’interno del plesso aziendale.
Oggi Taurino è un’azienda che investe nell’oleoturismo offrendo visite che hanno lo scopo di educare i consumatori all’utilizzo di questo prezioso prodotto, nell’affascinante paesaggio che la regione Puglia sa regalare.
Abbiamo intervistato Donato per approfondire le peculiarità aziendali e l’offerta oleoturistica dell’Azienda Agricola Taurino.
Che esperienze offre la tua azienda? Quali sono i vostri elementi peculiari che vi rendono attrattivi?
Il nostro punto di forza è la collocazione del frantoio all’interno dell’azienda agricola. Quando l’oleoturista visita la nostra realtà si ritrova direttamente in campagna e con delle semplici passeggiate ha l’occasione di scoprire le diverse cultivar,
le varie fasi della pianta e le tecniche colturali del biologico. E’ un valore aggiunto che possiamo offrire a tutti quei visitatori che sono interessati a vedere con i loro occhi l’intero processo di produzione.
Nel periodo invernale offriamo la possibilità di vedere il frantoio in movimento, partendo dall’ingresso delle olive arrivando all’olio che facciamo assaggiare sul momento. Oltre ad essere un’esperienza che diverte, è anche un modo per semplificare la
spiegazione dell’attività produttiva.
La nostra azienda propone dalla più semplice degustazione in frantoio, all’assaggio accompagnato da prodotti locali durante pranzi, cene, aperitivi o pic-nic. Inoltre, disponendo di spazi ampli e di una struttura turistica di nostra proprietà a pochi
metri dal frantoio, siamo in grado di ospitare grandi gruppi di persone ed eventuali autobus.
Qual è il profilo tipo dell’oleoturista che ricerca l’esperienza in frantoio?
Per quanto mi riguarda si va dalla coppia di sposi in vacanza che ricerca esperienze nuove, alla famiglia con bambini che vuole far apprendere ai più piccoli cosa vuol dire produrre olio e coltivare olive. Ultimamente, a seguito della pandemia, c’è molto
più turismo proveniente dal Nord Italia dove la classica famiglia si ferma da noi di ritorno dalle vacanze, ma ci capita anche di accogliere gruppi di ristoratori esteri in viaggi organizzati, il più recente è arrivato dall’Europa centrale.
In quali modi è possibile prenotare l’esperienza presso la vostra azienda?
Tramite il nostro sito web, la mail o il telefono. A volte ci contattano anche agenzie di viaggio per avere dei preventivi che poi valutano in base ai costi e alle tempistiche. Questo perchè hanno la necessità di incastrare molte tappe in uno spazio temporale
ristretto, spesso accompagnando le visite ai frantoi a quelle delle cantine.
Siete soliti raccogliere i dati degli oleoturisti per analisi o futuri contatti?
Ci siamo sempre impegnati a farlo ma purtroppo è una lacuna. Quando gli ospiti sono qui ci dedichiamo completamente a loro e trascuriamo questi aspetti nonostante sappiamo quanto siano importanti.
Dopo l’esperienza i visitatori acquistano olio? Qual è la spesa media?
La spesa media dipende molto dalla tipologia di turista. E’ più alta quando il visitatore si sposta in auto e di conseguenza non deve pagare alcuna spedizione. In questi casi ci aggiriamo intorno ai 100-150 euro. Le cose cambiano quando il turista è estero,
ad esempio proveniente dagli Stati Uniti. Purtroppo l’alto costo di spedizione per mete lontane rimane un grosso limite per gli acquisti. Fortunatamente questa problematica è compensata dai turisti che abitano nel raggio di 1000km che
spesso creano una continuità nell’acquisto.
Secondo Lei, in quali ambiti è necessario investire per implementare l’oleoturismo?
Sicuramente in tutti gli ambiti, ma ritengo che la maggior parte delle attenzioni vadano rivolte al consumatore che deve essere formato e reso consapevole delle varie caratteristiche che rendono unico questo prodotto: territorio, cultivar e tecniche.
Noi produttori dobbiamo saper comunicare l’olio, ma questo è inutile se a supportarci non ci sono anche altre realtà come quelle della ristorazione. Secondo la mia opinione i ristoratori devono essere oltre che dei bravi comunicatori, degli ottimi
conoscitori del prodotto per saperlo abbinare adeguatamente. Un olio anonimo senza etichetta non trasmette niente, ma una carta dell’olio insieme ad un operatore di sala competente fa una grande differenza.
Abbiamo potuto notare nel vostro sito che offrite la possibilità di adottare un ulivo. Di cosa si tratta?
E’ un’iniziativa nata insieme alle nostre proposte oleoturistiche ma, complici le problematiche legate a Xylella e Covid-19, ha subito uno stop. Stiamo contando di ripartire anche su questo fronte. Si tratta di scegliere un ulivo a cui viene assegnato poi un codice-nome riconducibile alla persona che lo ha adottato. Dopodichè ci accordiamo con il cliente per fargli arrivare i prodotti a casa ed eventualmente per fare la raccolta insieme. E’ un’esperienza utile per chi non sa cosa vuol dire raccogliere le olive, ma anche per insegnare al consumatore a leggere
le etichette in quanto ci impegniamo a fornire ogni informazione necessaria durante tutto il processo.