Economia

Mercoledì 10 Luglio 2024

Crescita olivicoltura al Nord, ma il Sud in 10 anni perde il 34% delle aziende

Dal 2010 al 2020 aumento significativo del numero di aziende olivicole nel Nord Italia, ma nel Centro e Sud Italia un terzo delle aziende hanno chiuso i battenti.

di Emanuele Fiorio

Scheda tecnica

Negli ultimi anni, il settore dell'olio di oliva in Italia ha visto importanti cambiamenti, secondo il report 2024 di Ismea, dal 2010 al 2020 si è registrato un aumento significativo del numero di aziende olivicole nel Nord Italia, mentre il Sud ha subito una contrazione, pur rimanendo dominante sotto il profilo produttivo. Resta il fatto che in dieci anni il numero totale delle aziende olivicole in Italia è sceso del 31% a fronte di una superficie sostanzialmente stabile.

Dal 2010 al 2020, il Piemonte ha visto il maggiore incremento con un sorprendente 202%, passando da 641 a 1.939 aziende. Anche la Lombardia ha registrato un aumento notevole, con una crescita del 132%, da 1.939 a 4.506 aziende. Altri incrementi significativi sono stati osservati in Friuli-Venezia Giulia (61%), Valle d’Aosta (51%), Trentino-Alto Adige (25%) ed Emilia-Romagna (12%). Le uniche due regioni settentrionali che hanno registrato una flessione sono la Liguria (-44%) che comunque detiene il maggior numero di aziende olivicole nel Nord Italia (7.566) e il Veneto (-4%). Questa tendenza evidenzia come le regioni settentrionali stiano diventando sempre più rilevanti nel panorama dell'olivicoltura italiana, pur in una situazione generale negativa che vede una decrescita del numero totale delle aziende, passate da 902.074 nel 2010 a 619.378 nel 2020 (-31%).

Parallelamente alla crescita del Nord Italia, il numero di aziende olivicole nel Centro e Sud Italia è diminuito rispettivamente del 30% e del 34%, in particolare Campania, Lazio, Basilicata, Abruzzo e Sardegna hanno subito riduzioni tra il 35% e il 40%. Nelle regioni olivicole per eccellenza, Puglia, Calabria e Sicilia, dove sono ubicate il 55% delle aziende olivicole italiane, il numero di aziende si è ridotto quasi di un terzo: la Puglia è passata da 227.245 a 161.009 aziende (-29%), la Calabria da 113.907 a 79.965 (-30%) e la Sicilia da 140.164 a 96.764 (-31%). Questa contrazione rappresenta una sfida significativa per le regioni meridionali e per l’Italia intera, è necessario affrontare una ristrutturazione del settore per mantenere la competitività.

Cambiamenti climatici e nuove opportunità al Nord

Uno dei fattori chiave dietro questa crescita nel Nord è rappresentato dai cambiamenti climatici. Tiziana Sarnari, analista di mercato di Ismea, ha commentato: "È ormai chiaro che, a causa dei cambiamenti climatici, la produzione al Nord è in aumento nel medio-lungo termine, nonostante la maggior parte della produzione italiana provenga ancora dalle altre aree del paese." Ha aggiunto: "Non si tratta di un cambiamento importante, ma ci sono alcune evidenze che ci permettono di pensare che l’olivicoltura possa trovare nuovi spazi di sviluppo anche nelle regioni settentrionali". Questo cambiamento climatico sta quindi creando condizioni favorevoli per la coltivazione degli ulivi anche in aree dove tradizionalmente non era possibile, offrendo nuove opportunità per gli imprenditori agricoli del Nord Italia.

Superfici dedicate all'olivicoltura

La superficie complessiva dedicata all'olivicoltura in Italia è rimasta sostanzialmente invariata, intorno al milione di ettari. Tuttavia, ci sono stati incrementi significativi in termini percentuali in alcune regioni: Piemonte (+16%), Liguria (+13%), Sicilia (+10%) e Veneto (+7%). In particolare, in Sicilia, la superficie olivicola si avvicina a quella della Calabria, raggiungendo 176.596 ettari contro i 184.682 della Calabria. Questo aumento delle superfici dedicate all'olivicoltura in alcune regioni indica un interesse crescente per questo settore e una volontà di investire in coltivazioni che possano garantire un reddito sostenibile nel lungo termine.

Crescita della produzione biologica

Il report Ismea sottolinea anche una crescita costante della superficie biologica a livello nazionale. Dal 2013 al 2018, l'olivicoltura biologica è cresciuta significativamente, passando da circa 170.000 ettari nel 2013 a 272.000 ettari nel 2022. Dopo quattro anni di importante crescita della superficie biologica dal 2014 al 2017, dal 2018 si è registrata un’evoluzione più lenta ma costante.

Le 3 regioni leader dal punto di vista produttivo, ossia Puglia, Calabria e Sicilia, sono anche le principali regioni produttrici di olio extravergine di oliva biologico, rappresentando il 46%, 30% e 12% rispettivamente della produzione nazionale. "Il Sud rimane l'area con la maggior produzione di oli extravergini biologici, sia per il volume complessivo della produzione sia per motivi climatici," ha spiegato Sarnari. "In generale, stiamo osservando una maggiore attenzione da parte degli olivicoltori verso una gestione agronomica più sostenibile e una crescente consapevolezza tra i consumatori riguardo a questo aspetto". 

Questo trend verso la produzione biologica riflette un cambiamento nelle preferenze dei consumatori e una maggiore sensibilità verso la sostenibilità ambientale. In ogni caso bisogna tenere conto che, nonostante una superficie biologica pari al 24% di quella totale, la produzione di olio extravergine biologico resta mediamente intorno al 15% del totale.

Il settore oleario italiano sta vivendo un periodo di transizione, con un aumento della produzione nelle regioni settentrionali a causa dei cambiamenti climatici e una maggiore enfasi sulla produzione biologica. Nonostante il Sud rimanga il principale produttore, queste dinamiche indicano un potenziale sviluppo dell'olivicoltura anche al Nord, aprendo nuove opportunità per le aziende del settore. 

La sfida per il futuro sarà quella di continuare a sviluppare questa crescita nelle regioni settentrionali e stimolare una ristrutturazione del comparto al Sud con l’obiettivo di aumentare la produzione nazionale e non disperdere la tradizione e l'esperienza consolidata nelle regioni meridionali, garantendo al contempo un prodotto di alta qualità che possa competere sui mercati internazionali.